un nuovo articolo della D.ssa Loredana Felli Linchi
 

CIOCIARIA : IL MITO E LE ORIGINI

 

La Ciociaria, storica e vasta estensione del Lazio meridionale , accanto al paesaggio suggestivo,presenta una caratteristica comune a quasi tutti  i  suoi centri abitati:  la presenza di nuclei fortificati da mura megalitiche,  al pari di molti altri siti nel mondo ( Hattusas, Micene, Tirinto ecc…).  Queste antichissime mura, impressionanti nella loro grandiosità ed eseguite con una perfezione tecnica assolutamente sorprendente per il tempo in cui vennero edificate, hanno rappresentato, per gli studiosi di tutte le epoche, un enigma: come sono arrivate fin lì? Quali popoli hanno adoperato una così ricercata tecnica costruttiva e se non autoctoni da dove venivano? Quale è il significato di tali fortificazioni, l’uso e l’orientamento?

Attribuire una datazione precisa è forse azzardato, ma si può avvicinarsi senz’altro approssimativamente al periodo in cui sorsero tali edificazioni.

Secondo il mito, furono i popoli del mare, detti  Pelasgi o Hetei, a colonizzare il territorio, forse provenienti dell’Asia Minore.  La Pelasgia è infatti l’antica denominazione della Grecia, come tramandato da Erodoto ed Omero, e gli scavi di Catal Huyuk in Turchia provano che questi popoli  migrarono dall’Asia Minore nel IV millennio a. C. verso la Penisola greca e più tardi lungo tutto il bacino del Mediterraneo. Essi si sovrapposero agli aborigeni ( secondo Tucidide e Dioniso provenienti  dalla Grecia)  prima dell’era  micenea  i quali, come narra Enotrio, disponevano di insediamenti prive di mura difensive. Al contrario i Pelasgi per difendere i loro villaggi in riva al mare usavano edificare alte fortificazioni. Tucidide (I  7,1) scrive: “Quelle città che furono fondate per ultime e che acquistarono maggiori ricchezze con lo sviluppo della marineria furono costruite con le mura sulla spiaggia stessa del mare e occuparono gli istmi per favorire i loro traffici”.  

Probabilmente i popoli del mare arrivarono in Italia ed importarono la loro tecnica edile appresa dalla civiltà micenea,come dimostrano le impressionanti similitudini architettoniche con Micene e  Tirinto.

Il maggior fiorire di quest’opera poligonale si data tra il 1330 e il 1200 a.C.

Le fortificazioni si estesero nel territorio esteso tra il fiume Liri ed Il Tevere e compresero diversi centri della Ciociaria da Ferentino ad Anagni . Molti centri abitati della Ciociaria preromana sono cinti da mura  poligonali megalitiche, che hanno poi inglobato le successive cittadine medioevali.

I grandi blocchi poligonali sono di calcare ( silex, come dall’iscrizione dell’acropoli di Ferentino), ed il loro taglio irregolare era dovuto alla difficoltà riscontrata nella durezza del materiale di cui erano composti.

I blocchi erano di varie dimensioni e partivano da conci di diverso peso estratti da molteplici cave. Si partiva prima da una “ sbozzatura” del concio  con asporto degli spigoli vivi quindi tali blocchi venivano trasportati per scivolamento verso il luogo su cui si voleva edificare. Successivamente si iniziava a porre una prima fila di pietre , facendo attenzione alla stabilità verticale ed alle sollecitazioni  orizzontali  ( in genere si preferiva raddoppiare la fila di blocchi), in seguito si iniziava a sovrapporre i massi calcarei facendoli combaciare, a secondo della loro forma, come in un puzzle perfetto, così da avere un’ottima staticità ed un’estetica  piacevole.

La costruzione non prevedeva malta o legante di alcun genere, secondo una tecnica detta muro “a secco”. Le mura formavano una fortificazione di carattere difensivo unitaria ed invalicabile che si snelliva soltanto per i passaggi per gli abitanti, gli animali e le armi di difesa. Queste porte , che mostrano gli stipiti realizzati con blocchi più grandi perfettamente lavorati, tendono a restringersi verso l’alto, come a ridurre l’ampiezza dell’apertura,a volte formando un’ogiva. Spesso , consapevolmente alla pericolosità del nemico,erano decorate negli stipiti da simboli fallici a protezione scaramantica dell’abitato.

Oltre alle porte vi erano le posterule, ovvero aperture di dimensioni minori  che non si affacciavano sulle vie principali ma venivano usate per favorire il lavoro agricolo. I fognoli, infine, erano modeste aperture per le uscite dei canali di scarico di acque piovane e di liquami urbani.

Questo  tipo di fortificazioni si sviluppò fino ad arrivare a perfezionismi di stile, come l’evoluzione del bugnato, e ad una produzione, potremmo dire oggi, su scala industriale. Gli ultimi esempi di mura poligonali, in Ciociaria, si riscontrano ancora nel I sec. A.C. ad Alatri, nella prossimità della Porta di San Benedetto.

Le mura ciclopiche furono per secoli definite tali in quanto riferentesi al mito del Dio Saturno .

Alatri, ad esempio, l’antica “Aletrium”, era con Anagnia, Ferentinum, Arpinum e Atina  una delle città “saturniae” ovvero fondate da Saturno, il dio dell’agricoltura, dopo che questi fu scacciato dall’Olimpo per volere di Zeus (Eneide, libro VII, 452).

I Ciclopi, nella mitologia fratelli di Saturno, lo aiutarono, con la loro possente forza ,a costruire le imponenti mura megalitiche che, secondo i più recenti studi di archeoastronomia ,corrispondono a precisi allineamenti astronomici.

E’ infatti notevole la precisione geometrica  frutto di calcoli matematici che, come nel caso delle due Porte( Maggiore e Minore)di Alatri, che rispondono, nella relazione tra altezza e larghezza ,alla sezione aurea. Proprio Alatri fu edificata seguendo il tragitto della prima luce solare del 21 giugno, quindi nel solstizio d’estate.Nello spigolo  nord est dell’Acropoli, infatti sorge il sole del sostizio d’estate; percorre poi tutta la città vecchia per giungere  nello spigolo più a meridione il 21 dicembre esattamente  in pieno solstizio d’inverno .

Queste precise conoscenze astronomiche hanno portato gli archeologi a cercare un’origine molto antica dei Pelasgi: probabilmente derivano da popoli della Mesopotamia ed importarono le loro tecniche costruttive nel  territorio ciociaro.

E’ interessante, seppur ipotetico, a tal riguardo, uno studio in cui la traduzione di due tavolette ( ora nel museo archeologico di Damasco)  rinvenute presso Tell Hariri, nello stato mesopotamico di Mari, nel palazzo reale di Zimri-Lim,che riporta delle informazioni , date dal re di Mari, Shamsi-Adat, al figlio Yasmakin, sulla costruzione delle fortificazioni di Alatri. Le tavolette , tradotte in francese da J. M. Durand, presentano una caratteristica comune: in entrambe viene citata una città, posta lungo la strada carovaniera, a nord ovest della Mesopotamia, ai confini con l’impero hittita. Le due tavolette che citano la città di Alatri presentano le iscrizioni “ A-la -at-re-eki” ed “A-la-at-ru-uki” e, nella prima tavoletta , al re Samsi- Adad  viene  data notizia dell’esistenza della città fortificata di Alatri: “ Alatri è forte; i suoi bastioni sono quelli antichi, e non ne sono stati costruiti altri. Io conosco bene questa città : ci sono passato tante volte. Posso dire con certezza che è costruita su di un’altura e che i suoi bastioni sono enormi.” E’ possibile quindi che già in epoca mesopotamica esistesse una città chiamata Alatri e forse proprio i popoli originari di quelle terre vennero a edificare le cittadine laziali seguendo le tecniche costruttive a loro note.

Il mito e le origini della Ciociaria , forse, si perdono e ,nello stesso tempo, prendono vigore dalll’antica civilta’ mesopotamica e la sua conoscenza è giunta intatta  fino a noi , ammantata  da un alone di mistero che affascina da sempre i visitatori di questa straordinaria terra.


 
 
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